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L’INFANZIA e l’ADOLESCENZA sono periodi cruciali per la crescita e lo sviluppo del bambino e del futuro adulto. Durante il percorso evolutivo vi possono esserci difficoltà o problemi che possono rallentare, bloccare e/o inficiare negativamente sulla crescita.
Tra i più frequenti vi sono quelli che i manuali diagnostici riconoscono come:
- Paura e Fobie,
- Tic e Stereotipie,
- Disturbo Ossessivo-Compulsivo (DOC),
- Ansia da Prestazione, Blocco Performance, Paura di Fallire,
- Comportamento o Disturbo Oppositivo-Provocatorio (DOP),
- Bullismo e Cyberbullismo,
- Difficoltà Sociali,
- Autolesionismo,
- Dipendenza da Sostanze e dipendenza senza Sostanze.
Durante il processo di crescita incontreremo inevitabilmente delle difficoltà. La chiave per superare queste sfide sta nell’adottare un atteggiamento flessibile e aperto al cambiamento. Come giardinieri, dobbiamo fornire il giusto nutrimento e stimoli per far sbocciare le potenzialità dei più piccoli.
È importante che il bambino cresca in un ambiente in cui possa fare esperienze che aiutino a esplorare il mondo e a sviluppare le sue competenze in modo autonomo. I bambini cambiano continuamente, quindi, anche il nostro approccio educativo dev’essere flessibile e adattarsi alle loro nuove esigenze, altrimenti si rischia di soffocare la curiosità e l’autonomia del bambino.
Dunque, il rapporto tra adulto e bambino dovrà essere un’interazione dinamica e in continua evoluzione, in modo che si venga a creare un legame di fiducia e collaborazione. Questo significa essere presenti, disponibili e pronti a sostenere il bambino nelle sue esplorazioni, ma anche a lasciargli lo spazio necessario per sbagliare e imparare dai propri errori. Ricordiamo che ogni bambino è unico e ha i suoi tempi.
I comportamenti problematici dei bambini difficili svolgono funzioni precise nel processo di adattamento tra individuo e ambiente. Riteniamo che le manifestazioni sintomatiche messe in atto da bambini siano influenzate dall’ambiente e abbiano una natura comunicativo-relazionale. Come in un orologio a movimento meccanico, l’ora esatta risulterà dal buon funzionamento di ogni singolo meccanismo e dalla sincronizzazione col sistema.
Quindi, la situazione problematica cambia nei tempi e nei modi desiderati quando si apportano modifiche a livello comunicativo-relazionale all’interno del sistema (famiglia, scuola, ambiente ricreativo, ecc…) in cui è inserito il bambino.
L’intervento breve sistemico-strategico con i bambini, il più delle volte, avviene indirettamente, per questo si parla di terapia indiretta: si evita di coinvolgere i bambini, fornendo agli adulti strumenti e tecniche necessari alla soluzione del problema. Abbiamo osservato che in questo modo si:
- ha una visione del problema più ampia, essendo osservabile da varie angolature;
- offre la possibilità di attaccare il sintomo da più direzioni;
- sposta la difficoltà dal bambino alla sua relazione con l’adulto;
- evita che il bambino costruisca una percezione di sé soggetto portatore di sintomi;
- rendono familiari ed educatori protagonisti del cambiamento;
- accresce il bagaglio di competenze comunicativo-relazionali degli adulti.
La terapia indiretta è preferita anche perché gli adulti, sofferenti per ciò che crea il problema, hanno le risorse e sono più disposti a collaborare rispetto al bambino e all’adolescente.
L’adulto (genitori, insegnanti, educatori, ecc…), divenendo una sorta di co-terapeuta in grado di intervenire quotidianamente sul campo, costituisce una risorsa preziosa per il conseguimento degli obiettivi terapeutici: aumenta l’efficienza dell’intervento.
Nel caso degli interventi riguardanti gli adolescenti, il tipo di intervento può essere indiretto e/o intervento diretto, dipende dalle risorse e dalla capacità di collaborare dell’adolescente il tipo di intervento più idoneo.
Nei casi di adolescenti con fobie, ansia da prestazione, fobia sociale, attacchi di panico, blocco delle performance e paura di fallire, solitamente, la terapia diretta risulta di maggiore efficienza. Mentre è preferibile adottare la terapia indiretta quando l’adolescente mette in atto comportamenti oppositivi-provocatori, se ha qualche forma di dipendenza da sostanze o dipendenza senza sostanze, se mostra sintomi riconducibili a deliri o a disturbo ossessivo-compulsivo. In altre parole, quando la situazione problema offre vantaggi secondari, allora è preferibile intervenire inizialmente in maniera indiretta e solo in un secondo momento si valuterà l’intervento diretto.