DIPENDENZA DA PORNO E DAL SESSO VIRTUALE: CYBERSEX ADDICTION E SEXTING

 

Internet propaga il sesso facile privo di alcun tipo di coinvolgimento sentimentale. Negli Stati Uniti si stima che un quinto dei soggetti con diagnosi di IAD sia dipendente da attività sessuali on-line, le cosiddette Cybersex Addiction. Sembra che circa l’8% degli italiani dipende da Internet e fra questi la maggior parte ricercano sesso virtuale ed è elevato anche il numero degli adolescenti che passano molto tempo facendo cybersex. La maggior parte dei giovani cerca quest’esperienza per curiosità e per soddisfare fantasie erotiche, ma si stima che un 10% rimane intrappolato e diventa dipendente.

 

Quali sono le motivazioni del porno virtuale o cyber-sex e del sexting?

Tra le motivazioni del sesso virtuale o cyber-sex sono diverse:

  • su Internet non ci si sente giudicati,
  • si abbattono le barriere della timidezza,
  • si può scegliere tra numerose opportunitĂ  ed è piĂą facile perlustrarne di nuove in tutta sicurezza. In taluni casi, si sceglie il cybersex per “scappare” dalla realtĂ  e dalla monotonia che, troppo spesso, si viene a creare nel rapporto con il partner.

L’uso del sesso online rende tutto facilmente accessibile, ma nel tempo crea una vera e propria dipendenza.

 

Quali sono i segni clinici della cibersex addiction o sesso virtuale?

I segni clinici della cybersex addiction sono:

  • trascorrere tanto tempo in chat-room e messaggerie private solo per trovare argomenti inerenti al sesso o per cercare un partner sessuale;
  • impiegare frequentemente la comunicazione anonima per esprimere fantasie sessuali atipiche, che non renderebbe mai pubbliche nella vita reale; • procrastina l’eccitazione o la gratificazione sessuale;
  • alternare materiale cybersex al phone-sex;
  • nasconde le proprie interazioni sessuali agli altri;
  • prova colpa o vergogna per l’uso che fa della rete;
  • inizialmente si eccita quando si trova per caso davanti a materiale cybersex, successivamente lo ricerca attivamente;
  • si masturba nel corso delle chat erotiche;
  • considera il cybersex come la forma primaria di gratificazione sessuale, riducendo l’investimento sul partner reale.

La sessualità del dipendente da cybersex non va a integrare quella reale: diventa un mezzo per sconfiggere senza fatica la noia e la solitudine, per sentirsi importanti e più capaci, per esercitare il proprio potere. Per paradosso, però, si diventa sempre più incapaci, soli e vittime dell’illusione.

 

Cos’è il sexting?

Il sexting è la somma dei termini sex (sesso) e texting (pubblicare un testo). Il sexting riguarda una nuova moda giovanile, ma consumata anche tra i più vecchi. Consiste nell’invio e ricezione di messaggi sessualmente espliciti, foto o video di corpi nudi o seminudi. Il fenomeno, nato negli USA e presente in Italia negli ultimi anni, si configura come il nuovo gioco di una generazione che si ritiene libera dal senso del peccato, da tabù e alla scoperta di nuove frontiere del piacere, ma che rischia di risultare esposta a un’immagine di sé mercificata e derubata del suo significato. Fotografarsi in pose osé e postare gli scatti sui social network sembra essere l’ultimo “vizietto” dei giovani. Secondo Amanda Lenhart (2009), questa è una richiesta di aiuto in relazione a una crisi di sé, di amori, di solitudini, tra i giovani che desiderano essere ascoltati e conosciuti da un mondo fatto di “grandi”, giovani che si ritrovano inconsapevolmente circondati da immagini di cui non comprendono il senso ma di cui devono poi gestire i rischi: pornografia, micro-prostituzione e bullismo.

Le persone di giovane età, sole, con difficoltà relazionali più di altre possono restare intrappolate nella spirale della dipendenza. La loro debolezza le rende vulnerabili e bisognose di procurarsi materiale o esperienze sempre più eccitanti, che spesso le portano a comportamenti devianti anche molto pericolosi. Il sesso-dipendente, sia esso virtuale oppure reale, difficilmente riesce a frenarsi, può arrivare a utilizzare contenuti pedofili scaricati dalla rete senza preoccuparsi del reato che compie, o, addirittura, può avvicinare in rete minorenni trascurando la criminosità dei suoi atti. Pur riconoscendo il proprio stato patologico, spesso il timore del giudizio frena la richiesta d’aiuto.

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