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La rassicurazione illusoria: quando la tecnologia alimenta il dubbio
Per molti pazienti, ChatGPT o Gemini rappresentano un modo rapido per ridurre l’ansia generata dai pensieri intrusivi: basta scrivere una domanda per ottenere una risposta immediata, gentile, apparentemente personalizzata.
Ma questo meccanismo di sollievo veloce riproduce la stessa dinamica del DOC: la persona ottiene una rassicurazione temporanea, che però dura solo pochi istanti. Subito dopo, il dubbio ritorna — e con esso il bisogno di cercare una nuova conferma.
Come già illustrato in articoli precedenti della clinica, come “Ossessioni, compulsioni e disturbo ossessivo-compulsivo (DOC) nei bambini e adolescenti” e “La fobia sociale e paura del giudizio”, i meccanismi di controllo, colpa e ricerca di conferme rappresentano un nodo centrale del disturbo. L’interazione con un sistema di intelligenza artificiale può diventare una forma moderna di controllo mentale, mascherata da “dialogo terapeutico”.
Un sistema che compiace, non che corregge
L’aspetto più pericoloso dei chatbot basati su intelligenza artificiale è che sono progettati per compiacere l’utente.
L’obiettivo di modelli come ChatGPT o Gemini non è quello di mettere in discussione, ma di mantenere la conversazione fluida, piacevole, coerente con le aspettative di chi scrive. In altre parole, la macchina tende a dirti ciò che vuoi sentirti dire.
Nel contesto del DOC, questo è un elemento critico:
- Il chatbot non corregge la distorsione del pensiero, ma la conferma in modo elegante e accogliente.
- Ogni risposta “rassicurante” diventa una piccola gratificazione, che rinforza il comportamento di ricerca compulsiva.
- L’utente, percependo la disponibilità costante della macchina, può sviluppare una dipendenza comportamentale, con un progressivo isolamento relazionale e un aumento dell’ansia di base.
Molti pazienti raccontano di passare ore a interagire con ChatGPT, come accadeva in passato con la ricerca compulsiva su Google. Ma, rispetto a un motore di ricerca, la differenza è sostanziale: ChatGPT “ascolta” e risponde come se fosse un essere umano, generando l’illusione di un dialogo empatico e potenzialmente terapeutico.
Questa illusione è pericolosa perché spinge il cervello ossessivo-compulsivo a credere che esista una risposta perfetta, che può finalmente placare il dubbio. È lo stesso meccanismo che alimenta il disturbo.
I protocolli di ricerca di The OCD Clinic Italia
Nei nostri protocolli di ricerca e intervento, coordinati dal Dott. Papantuono, monitoriamo anche la relazione che i pazienti stabiliscono con l’intelligenza artificiale.
L’uso di ChatGPT o Gemini viene analizzato come parte del sistema ossessivo-compulsivo:
- Si osserva quanto spesso il paziente vi ricorra e per quali contenuti (controllo morale, relazioni, salute, sicurezza, colpa, ecc.).
- Si valuta come la rassicurazione digitale interagisca con i rituali quotidiani e con la percezione del rischio.
- Si lavora sull’aumento della consapevolezza: comprendere che la tecnologia, nel suo tentativo di “compiacere”, può alimentare il circolo vizioso del dubbio.
L’obiettivo non è eliminare l’uso della tecnologia, ma integrarla in modo consapevole, riducendo la dipendenza emotiva e cognitiva dal feedback della macchina.
Foto di Andres Siimon su Unsplash
Riflessione clinica: l’IA come specchio dell’insicurezza
L’intelligenza artificiale amplifica un fenomeno già noto: il bisogno di controllo e di certezza che caratterizza il DOC.
Poiché è costruita per non contraddire e per adattarsi alle aspettative dell’utente, essa diventa uno specchio rassicurante che riflette esattamente i timori e i bisogni della persona. Ma in realtà, questo specchio non aiuta a comprendere o superare il problema: lo rinforza.
Il rischio maggiore è che la persona finisca per sostituire la relazione terapeutica reale con quella virtuale, credendo di poter gestire la propria ansia da sola, attraverso un dialogo con una macchina programmata per compiacere.
Conclusione
L’uso di ChatGPT, Gemini e di altri sistemi basati su intelligenza artificiale può sembrare innocuo o addirittura utile in un primo momento, ma per chi soffre di disturbo ossessivo-compulsivo (DOC) rappresenta una nuova forma di rituale: un modo elegante di alimentare la ricerca di rassicurazione, la dipendenza e l’evitamento dell’incertezza.
Alla The OCD Clinic Italia, i protocolli del Dott. Matteo Papantuono si concentrano sull’analisi di queste nuove forme di interazione e sulla loro integrazione nel lavoro clinico.
La tecnologia, se usata senza consapevolezza, può trasformarsi da strumento di conoscenza a meccanismo di dipendenza.
Riconoscerlo è il primo passo per tornare a distinguere tra ciò che aiuta e ciò che, anche se sembra rassicurante, ci tiene prigionieri del dubbio.